venerdì 1 giugno 2012

Consumo di suolo nella rete ecologica in provincia di Varese


di Michela Barzi

In provincia di Varese il suolo antropizzato, cioè sottratto agli ambienti naturali e seminaturali (corpi idrici, aree umide, boschi e aree agricole) tra il 1999 ed il 2007 è passato dal 27,6% al 29,2% della superficie territoriale. Il terreno coperto da aree residenziali, produttive ed infrastrutturali e da cantieri, cave e discariche è aumentato del 1,6% rispetto alla superficie provinciale totale e del 5,6% rispetto alla sua estensione nel 1999. All’origine dell’avanzata delle aree antropizzate, che in otto anni ha riguardato una superficie maggiore di quella del comune di Lozza dove vivono più di 1200 abitanti, non vi è solo lo sviluppo dei principali poli urbani della provincia, Varese da una parte, e l’ormai unica conurbazione Gallarate-Busto-Tradate-Saronno dall’altra. Il consumo di suolo è un fenomeno che non risparmia nemmeno quei settori del territorio provinciale connotati da un più alto livello di naturalità. La superficie antropizzata interna agli ambiti della rete ecologica di primo livello (core area principale), che corrisponde al 28,5% della superficie provinciale, è aumentata del 9,7%, un dato che pur essendo molto piccolo rispetto al totale del consumo di suolo è significativamente maggiore dell'incremento medio provinciale. Al di là dell’edificazione di qualche piccolo insediamento residenziale o produttivo, il settore che ha dato il maggiore contributo a questo incremento è quello delle attività estrattive, delle discariche e dei cantieri. Dai dati presentati nell'ambito del workshop sul consumo di suolo tenutosi presso la sede dell'amministrazione provinciale il 28 marzo scorso (http://www.provincia.va.it/code/35402/Seminari-Workshop-Convegni), emerge che all'interno di ambiti appartenenti alla rete ecologica di primo livello 674000 mq di terreni in maggioranza boschivi sono stati trasformati in attività estrattive, discariche e cantieri. Questo significa che per ogni anno del periodo preso in esame è stata consumata, solo per questo tipo di attività, una superficie un po' più grande a quella di 8 campi da calcio. Il consumo di suolo prodotto in particolare dalle attività estrattive è evidenziato dai dati relativi ai comuni che le ospitano, nei quali l'incremento della superficie antropizzata è maggiore di quello medio provinciale (è il caso, in particolare, di Caravate e Ternate, comuni che ospitano attività estrattive che alimentano due cementifici).

La Provincia di Varese, se da un lato sta lavorando per rafforzare la connettività della rete ecologica, dall'altro autorizza, attraverso il suo Piano Cave, l'ampliamento di attività estrattive che ad essa sottraggono suolo. La riapertura della cava Nidoli di Cantello, prima inserita e poi stralciata dal Piano Cave su richiesta di un vasto movimento di protesta, è un altro caso di  intervento che andrebbe  ad incidere sulla rete ecologica di primo livello. In particolare l'avvio di questa attività estrattiva andrebbe ad impattare sul nascituro Parco Locale d'Interesse Sovraccomunale Valle della Bevera, un area fondamentale per la connettività della rete ecologica. Un'altra cava che potrebbe riaprire la propria attività, con finalità di recupero che però si configura come una massiccia attività estrattiva, è ubicata nel cuore del Parco Regionale del Campo dei Fiori, nelle immediate vicinanze della Riserva naturale Martica - Chiusarella. Il progetto di recupero di questa cava sta attraversando l’iter di Valutazione d’Impatto Ambientale senza nessun coinvolgimento del pubblico, ed in particolare delle comunità locali che vivono nei pressi dell’impianto. Forme di protesta contro la riapertura della cava potrebbero sorgere anche per questo caso e fino a quel momento i cittadini non saranno minimamente informati sugli effetti ambientali del progetto e sulle ricadute che l’avvio dell’attività avrà sulla qualità della loro vita.
In un territorio in cui il consumo di suolo, nelle sue diverse declinazioni funzionali, è diventato un problema ambientale e non solo, riconosciuto anche dalle istituzioni che lo governano, una più approfondita valutazione dei fabbisogni estrattivi e un più incisivo ricorso alla partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali, strumento peraltro previsto nell’iter della Valutazione Ambientale Strategica e mai utilizzato, dovrebbero essere elementi fondativi della costruzione degli scenari sul quale si dovrebbe basare il Piano Cave. Vi sono queste carenze della pianificazione provinciale all’origine del conflitto sorto sulla cava di Cantello e che coinvolge, ormai da molti mesi, le comunità  e gli enti locali da una parte ed il proprietario del sito dall’altra.
Persino la politica si è accorta che c’è bisogno di una diversa regolazione delle attività estrattive. Nelle scorse settimane tre proposte di legge di riforma delle norme regionali sulla materia sono state presentate alla Commissione Ambiente del Consiglio Regionale che sta lavorando al superamento della legge vigente, molto carente proprio sul piano del coinvolgimento di quegli enti e comunità locali direttamente interessati agli effetti delle attività estrattive. Vedremo se l’organo di governo della regione sarà in grado di approvare una nuova legge che sia improntata, così come si auspica nelle proposte in esame, ad un maggiore rigore nei criteri con i quali vengono individuati i siti da bonificare, alla incentivazione del recupero qualitativo delle cave dismesse, alla contrazione del numero dei siti estrattivi regionali ed alla conseguente riduzione del consumo di suolo.